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31/08/2018

Cani abbandonati sul balcone. Scattano le multe per i padroni


Giro di vite per chi abbandona o lascia per troppo tempo il proprio cane chiuso sul balcone. Il nuovo regolamento comunale della città di Verona per la Tutela degli animali che entrerà in vigore in autunno prevede sanzioni per tutti i proprietari di cani che, anche occasionalmente, chiudono l'animale su balconi anche di dimensioni ridottissimi, per lunghi periodi o addirittura per giornate intere.

=> «Canile condominiale» e regolamento di condomino intoccabile.

A seguito di numerose segnalazioni il consigliere Laura Bocchi, delegata alla Tutela degli animali, ha deciso di porre rimedio a questi tristi episodi in cui gli animali sono vittime di maltrattamento, tra cui l'abbandono dei cani sui balconi di casa, soprattutto durante l'estate.

Ma come funzionerà il nuovo regolamento? Dopo aver ricevuto la segnalazione sarà il Comune a far scattar subito la procedura di controllo, con la Polizia municipale che eseguirà le opportune verifiche e avvierà l'istruttoria di monitoraggio da parte delle guardie zoofile.

Ovviamente, precisa il consigliere. "il padrone che lascia per un paio di ore il cane sul balcone, con acqua e cibo, non è soggetto a nessuna multa, cosa che invece avviene nel caso in cui il cane venga lasciato in gabbia per lunghe ore o per giornate intere, sotto il sole cocente di estati come questa.

Nelle prossime settimane saranno esaminate la 'sanzioni', per poi inviare il nuovo Regolamento all'esame della Commissione e quindi in Consiglio comunale per l'approvazione definitiva".



Fonte https://www.condominioweb.com/cani-abbandonati-sul-balcone.15081#ixzz5PjwREBYG
www.condominioweb.com


31/08/2018

Verbalizzazione del voto in assemblea, le cose da sapere Fonte Condominioweb.com


In che modo si deve verbalizzare il voto espresso nel corso di un'assemblea condominiale?

Prima di entrare nel merito della questione ricordiamo alcuni elementi fondamentali. Il voto in assemblea condominiale è:

personale;
insopprimibile;
esprimibile anche per delega;
libero;
palese.
Detta diversamente: Tizio può votare personalmente o per mezzo di Caio ed il suo voto non gli può essere negato e deve essere chiaramente espresso.

Viene considerato legittimo il voto per delega vincolata, ossia con indicazione preventiva e vincolante al delegato sull'intenzione di voto.

La necessità che il voto sia palese discende dal fatto che i condòmini debbano potere verificare chi ha voltato in assemblea ed in che modo, ad esempio per valutare la presenza di conflitti d'interesse.

Ma non solo: il voto segreto eliminerebbe alla radice la possibilità di verificare il raggiungimento dei quorum deliberativi, posto che la segretezza non consentirebbe di associare ad un voto i millesimi di riferimento.

=> Assemblea, voto sempre secondo i millesimi di proprietà

Quali sono le conseguenze di un'errata verbalizzazione?

Al riguardo la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, correva l'anno 2005, sentenziò una catalogazione tra nullità ed annullabilità dei vizi delle delibere condominiali.

Com'è noto tra le funzioni delle Sezioni Unite v'è quello di risolvere i contrasti interpretativi delle norme.

Uno dei contrasti rimessi alla loro attenzione fu proprio quelle delle conseguenze degli errori di verbalizzazione. In tal caso le delibere sono annullabili o nulle?

Per le Sezioni Unite, sulla materia non sussisteva alcun contrasto, anzi, in più occasioni era stata affermata «l'annullabilità ex articolo 1137 c.c. della delibera il cui verbale contiene delle omissioni, precisando che la redazione del verbale costituisce una delle prescrizioni di forma che devono essere osservate al pari delle altre formalità richieste dal procedimento collegiale (avviso di convocazione, ordine del giorno, etc.), la cui inosservanza comporta l'impugnabilità della delibera, in quanto non presa in conformità della legge».

In questo contesto, disse la Corte, non vi sono dubbi sull'annullabilità «delle deliberazioni assembleari nel caso in cui non siano individuati, e riprodotti nel relativo verbale, i nomi dei condomini assenzienti e di quelli dissenzienti, ed i valori delle rispettive quote millesimali» (Cass. SS.UU. 8 marzo 2005 n. 4806).

Come verbalizzare per non incappare in contestazioni?

Il dictum delle Sezioni Unite potrebbe lasciare intendere che per ogni deliberazione è necessario scrivere il nome di ogni condòmino, i millesimi di riferimento e il voto, tirando le somme alla fine.

Chi fa così, sicuramente non sbaglia e quel verbale è formalmente ineccepibile. Ma non è l'unica ipotesi.

=> Valore legale contenuto verbale assemblea condominiale

Come ha fatto notare, in più occasioni, la stessa Corte di Cassazione «non è annullabile la delibera il cui verbale, ancorché non riporti l'indicazione nominativa dei condomini che hanno votato a favore, tuttavia contenga, tra l'altro, l'elenco di tutti i condomini presenti, personalmente o per delega, con i relativi millesimi, e nel contempo rechi l'indicazione, nominatim, dei condomini che si sono astenuti e che hanno votato contro e del valore complessivo delle quote millesimali di cui gli uni e gli altri sono portatori, perché tali dati consentono di stabilire con sicurezza, per differenza, (quanti e) quali condomini hanno espresso voto favorevole ed il valore dell'edificio da essi rappresentato, nonché di verificare che la deliberazione stessa abbia in effetti superato il quorum richiesto dall'art. 1136 c.c.(sent. 10 agosto 2009 n. 18192)» (Cass. 19 novembre 2009 n. 24456).

Come dire: se in assemblea sono presenti dieci condòmini e solamente uno o due sono contrari ad una decisione, allora per verbalizzare correttamente sarà sufficiente indicare il nome dei contrari, con una formula del genere «l'assemblea approva con il solo voto contrario di …».

Si badi: ciò, però, a condizione che nel verbale, ad esempio all'inizio, siano presenti i nomi di tutti i condòmini presenti e i relativi millesimi di riferimento, si dà potere verificare immediatamente la sussistenza dei quorum deliberativi.

Se per i piccoli condominii la differenza è poca, per quelli di notevoli dimensioni, questa modalità di verbalizzazione semplifica sicuramente le operazioni.

Precisazione: se tutti i condòmini sono d'accordo, sarà sufficiente scrivere «l'assemblea all'unanimità delibera …». È sempre sbagliato, invece, verbalizzare «l'assemblea a maggioranza delibera …», se non è indicato chi compone questa maggioranza, ovvero chi di questa maggioranza non fa parte, perché il semplice richiamo alla maggioranza non è sufficiente a individuare chi ha votato come e quindi la verifica della ricorrenza dello specifico quorum deliberativo.

Ricordiamo che le deliberazioni annullabili sono contestabili dai condòmini presenti alla riunione, che siano stati dissenzienti ed astenuti, entro trenta giorni dalla loro adozione, mentre il medesimo termine, per gli assenti, decorre dalla data di comunicazione del verbale.



Fonte https://www.condominioweb.com/come-verbalizzare-per-non-incappare-in-contestazioni.15082#ixzz5PjvpdFt9
www.condominioweb.com


30/08/2018

Ecobonus e sismabonus. Alcune precisazioni sulla cessione del credito


ella circolare n. 17/E del 23 luglio 2018 l'Agenzia delle Entrate fornisce ulteriori chiarimenti sulla cessione del credito d'imposta per gli interventi di efficienza energetica e per quelli relativi all'adozione di misure antisismiche.

=> Cessione del credito corrispondente alla detrazione. Alcuni chiarimenti

Cessione dell'Ecobonus. La cessione dell'Ecobonus è stata ampiamente spiegata dall'Agenzia delle Entrate con la circolare 11/E/2018. In particolare, il Fisco ha spiegato che la cessione può avvenire a favore di fornitori che hanno effettuato l'intervento, organismi associativi, inclusi consorzi e società consortili, anche se partecipati da soggetti finanziari ecc.

=> Ecobonus e cessione del credito.

Circolare 11/E/2018. Con tale provvedimento le Entrate hanno precisato che la cessione del credito deve restare limitata a una sola eventuale cessione successiva a quella originaria con la conseguenza che, in totale, non si possono superare due cessioni (cioè la cessione è limitata a una sola eventuale cessione successiva a quella originaria).

Inoltre è stato anche evidenziato che la generalità dei contribuenti non può cedere la detrazione per gli interventi di riqualificazione energetica a istituti di credito e/o a intermediari finanziari.

Cessione del Sismabonus. Il beneficiario della detrazione per interventi relativi all'adozione di misure antisismiche può scegliere di cedere il credito corrispondente alla detrazione alle imprese esecutrici o a soggetti privati, con esclusione degli istituti di credito e degli intermediari finanziari. Il cessionario può a sua volta rivendere il credito. È ammessa una sola eventuale cessione del credito successiva a quella originaria.

=> Riqualificazione energetica del condominio e cessione del credito.

Circolare 17/E/2018. Tra le novità presenti nella circolare del 23 luglio si legge la possibilità di cedere il credito, nell'ambito di un Consorzio o una Rete di imprese, a eventuali subappaltatori e a soggetti che rientrano nello stesso contratto di appalto.Su tale ultimo aspetto, dunque, la detrazione per gli interventi di riqualificazione energetica può essere ceduta al subappaltatore, quando il prestatore di servizi si avvale di altro soggetto per l'esecuzione degli interventi e alle imprese che hanno sottoscritto il contratto d'appalto dei lavori anche se i lavori dalle stesse eseguiti non danno diritto alla detrazione, nonché ad altri soggetti privati che hanno avuto un collegamento con l'intervento eseguito e, pertanto, con il rapporto che ha originato il diritto al bonus.

Inoltre la circolare spiega che i chiarimenti sui soggetti cessionari e sul numero di cessioni, già forniti con la circolare numero 11/E dello scorso maggio relativamente all'ecobonus, valgono anche per gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche. Stessi limiti, dunque, per ecobonus e sismabonus.

Gli interventi antisismici. Ricalcando il meccanismo della cessione del credito definito per l'Ecobonus, l'Agenzia delle Entrate ha ricordato che è possibile cedere il credito corrispondente al Sismabonus per le spese sostenute dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 relative ad interventi per l'adozione di misure antisismiche realizzati sulle parti comuni degli edifici condominiali situati nelle zone a rischio sismico 1, 2 e 3 (ex opcm 3274/2003).

La cessione del credito corrispondente al Sismabonus è possibile anche per gli interventi di demolizione e ricostruzione, realizzati in zona sismica 1 dalle imprese che poi, entro 18 mesi dalla fine dei lavori provvedono all'alienazione degli immobili.

=> I chiarimenti dell'Agenzia dell'Entrate. Ok alla cessione anche alle banche. La scheda di lettura

In conclusione, si evidenzia che la differenza tra Sismabonus e Ecobonus è la cessione del credito di imposta agli istituti di credito e agli intermediari finanziari appartenenti ai raggruppamenti di imprese.

Nel caso dei lavori di messa in sicurezza antisismica, la cessione a banche e intermediari finanziari è sempre vietata.

Per gli interventi di efficientamento energetico la cessione alle banche e agli intermediari finanziari è consentita solo ai condòmini rientranti nella no-tax area.

Inoltre il credito di imposta può essere ceduto al subappaltatore di cui si è servito il fornitore di servizi per realizzare l'intervento.

CIRCOLARE 17/E/2018

https://www.agenziaentrate.gov.it/wps/file/nsilib/nsi/normativa+e+prassi/circolari/archivio+circolari
/circolari+2018/luglio+2018/circolare+n+17+del+23+luglio+2018/Circolare+17E+del+23072018+.pdf

CIRCOLARE 11/E/2018

https://www.agenziaentrate.gov.it/wps/file/nsilib/nsi/normativa+e+prassi/circolari/archivio+circolari
/circolari+2018/maggio+2018/circolare+n+11+del+18+maggio+2018/Circolare+n.+11E+del+18052018.pdf



Fonte https://www.condominioweb.com/ecobonus-e-sismabonus.15076#ixzz5Pe5xjCOZ
www.condominioweb.com


30/08/2018

Minacce tra condòmini che si odiano da tempo


Astio e minacce tra condòmini

La vicenda non è affatto insolita, ahimè. Tutti sappiamo che i rapporti di condominio, complice la convivenza protratta nel tempo, spesso possono deteriorare a tal punto da varcare le aule di tribunale.

Si badi, non si tratta sempre e solo del tribunale civile, dove, si sa, i rapporti di vicinato costituiscono una buona fetta delle liti; tanto che anche per questo le controversie in materia di condominio sono tra quelle per le quali si è tentato di ridurre il contenzioso mediante la mediazione civile obbligatoria di cui all'art. 5, D.Lgs. n. 28/2010.

Quel che è peggio, infatti, è che può succedere, che i litiganti trascendano financo nel penale.

=> Classifica delle liti in condominio

Il codice penale prevede illeciti di diversa entità: tra le fattispecie criminose più gravi che possono trovare con più probabilità adito in condominio, si pensi allo stalking, il quale anzi ha trovato una specifica qualificazione nello stalking condominiale (v. ad es. Cass. n. 20895/2011); per quelle meno gravi, si pensi invece al reato di cui parliamo qui, cioè al reato di minaccia.

Nel caso qui in commento, deciso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 28567/2018, la condotta incriminata era consistita nell'affermazione della frase, che si riporta con un certo imbarazzo: "Si...guarda, te la farò pagare, brutta troia".

Tale frase, ricondotta nelle circostanze di fatto in cui è stata espressa, è stata ritenuta dai giudici, appunto, idonea ad integrare la fattispecie criminosa della minaccia.

Reato di minacce

L'illecito in parola è quello previsto dall'art. 612 c.p., secondo cui "Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 1.032.

Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno.

Si procede d'ufficio se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339."

I modi indicati dall'art. 339 c.p. sono quelli delle circostanze aggravanti, quali, ad es. se la minaccia è commessa con armi, da più persone, etc.

Minaccia e pessimi rapporti in condominio

Secondo il ricorrente in Cassazione, nel giudizio appunto deciso dalla sentenza n. 28567/2018, la frase su citata non si sarebbe potuta ritenere idonea ad integrare la fattispecie criminosa: non poteva cioè qualificarsi tecnicamente come una minaccia, data la sua inidoneità intimidatoria; ad es. con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente contesta la ritenuta sussistenza, in sentenza di appello, "della minaccia di un danno ingiusto e della sua idoneità a turbare la libertà psichica della persona offesa": la condotta non sarebbe idonea, insomma, ad integrare un male ingiusto né a menomare la sfera di libertà morale.

Secondo i giudici dell'appello, invece, al di là della volgarità dell'espressione, l'effetto di minaccia reale ed attuale - in ogni caso insito nella frase "te la farò pagare" era da ricondursi "al complicato rapporto di vicinato fra le parti, sicché la parte offesa poteva fondatamente temere che il vicino di casa Lo., proprio in virtù di tali cattivi rapporti e della sua condizione di condomino, avrebbe potuto recarle danno".

=> Condannata per diffamazione la condomina che offende i vicini.

In sostanza, la circostanza che i due si odino da anni e che abitino vicino poteva indurre la condòmina a temere con fondamento che il vicino avrebbe potuto danneggiarla. Se l'episodio si fosse verificato tra due estranei, quindi, le conclusioni non sarebbero state le stesse.

Minaccia e libertà morale

Interrogata dunque sul punto, la Corte di Cassazione conferma la giustezza della sentenza della Corte di appello richiamando il principio - più volte affermato dalla giurisprudenza con riferimento all'illecito in parola - secondo cui "la minaccia è penalmente rilevante quando sia tale da incidere sulla libertà morale del soggetto passivo, indipendentemente dagli effetti ottenuti"; in tal senso la Corte fa riferimento alla sentenza n. 46528/2008, nonché alla costante giurisprudenza di legittimità.

In particolare, la sentenza n. 46528/2008, decise che, perché si potesse ritenere integrato il reato di minacce, non era importante che il soggetto che subiva la condotta potesse sentirsi intimidito, essendo sufficiente che la condotta adottata dall'agente fosse potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo.

Insomma, come è stato detto ad es. in un'altra sentenza (Cass. n. 31693/2001), non è necessario che uno stato di intimidazione "si verifichi concretamente nella vittima, bastando - poiché si tratta di reato di pericolo - la sola attitudine ad intimorire"; peraltro, in quella sentenza si faceva riferimento, quale elemento atto all'intimidazione, proprio alla convivenza quotidiana, unita in quel caso alla gerarchia del rapporto di lavoro: in quel caso la frase incriminata era stata "questa me la paga, me la lego al dito ...".

La stessa frase detta in contesti diversi può subire una diversa valutazione, da parte della vittima e dunque anche da parte dei giudici; se il contesto può far presumere una concreta realizzabilità di quanto minacciato è un conto; se, al contrario il contesto porta ad escludere detta realizzabilità, viene meno l'idoneità intimidatoria (v. Cass. n. 17470/2018).



Fonte https://www.condominioweb.com/astio-e-minacce-tra-condomini.15049#ixzz5Pe5kGdXI
www.condominioweb.com


29/08/2018

Ristrutturazione edilizia e gravi difetti dell'edificio


In tema di gravi difetti di un edificio, la cattiva esecuzione di interventi di ristrutturazione edilizia può portare all'affermazione di responsabilità per gravi difetti di cui all'art. 1669 c.c. anche se la situazione preesistente era già compromessa.

Questa, in breve sintesi, la conclusione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 14290 pubblicata, mediante deposito in cancelleria, il 4 giugno 2018.

Una pronuncia importante ed utile vista la sempre più frequente fattispecie che vede imprese edili acquistare vecchi edifici, demolirli solo parzialmente, per poi ricostruirli e rivenderli.

Il principio in sostanza è il seguente: chi compie questo genere di operazioni risponde dei gravi difetti, sulle parti dell'edificio oggetto di ristrutturazione edilizia, come se si trattasse di una nuova costruzione, poiché l'attività di ristrutturazione - di per sé invasiva e rilevante - deve essere eseguita a regole d'arte.

L'aspetto che merita di essere affrontato prima di entrare nel merito della vicenda, quindi, è la nozione di ristrutturazione edilizia.

Ristrutturazione edilizia

La definizione tecnica di questo genere d'interventi è contenuta nel testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.

Il riferimento è alla lettera d) del primo comma dell'art. 3, a mente del quale per interventi di ristrutturazione edilizia s'intendono «gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.

Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti.

Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria [e sagoma] di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.

Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente»

Come si ha modo di comprendere leggendo il dettagliato articolato della norma, si tratta di una vasta gamma d'interventi, molti dei quali considerabili vere e proprie nuove costruzioni.

Il caso: ristrutturazione edilizia di un lastrico

Nel caso risolto dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 14290 in commento, il proprietario di un appartamento faceva causa all'impresa edile che aveva demolito e ricostruito parte di un edificio vendendone, poi, le unità immobiliari.

In sintesi e al di là delle questioni preliminari afferenti alla proprietà di questa parte dell'edificio (secondo l'impresa edile non sua e comunque non oggetto di ristrutturazione, tesi smentita), l'attore richiedeva la condanna dell'impresa per gravi difetti del lastrico solare.

=> Una breve panoramica sul lastrico solare.

Ricordiamo che l'azione di responsabilità per gravi difetti - ai sensi dell'art. 1669 c.c. - è azione di natura extracontrattuale (come tale esperibile anche da chi non ha acquistato direttamente dal costruttore/venditore) per i difetti comparsi entro dieci anni dalla consegna del bene, purché ne sia fatta denuncia al costruttore entro un anno dalla scoperta e l'azione sia iniziata entro un anno da questa.

Gravi difetti nella ristrutturazione e responsabilità dell'appaltatore

La Corte di Cassazione ha dato ragione al proprietario dell'appartamento.

Si legge nell'ordinanza che «il venditore che, sotto la propria direzione e controllo, abbia fatto eseguire sull'immobile successivamente alienato opere di ristrutturazione edilizia ovvero interventi manutentivi o modificativi di lunga durata, che rovinino o presentino gravi difetti, ne risponde nei confronti dell'acquirente ai sensi dell'art. 1669 c.c.» (Cass. n. 18891/2017; conf. S.U. n. 7556/2017)» (Cass. 4 giugno 2018 n. 14290).

Un elemento, in chiusura, merita attenzione. La Corte di Cassazione, avallando il ragionamento svolto dalla Corte di appello nella sentenza impugnata, ha ribadito che l'eventuale presenza di difetti di una parte dell'edificio già prima degli interventi di ristrutturazione non fa venire meno l'obbligo dell'appaltatore che ha eseguito la citata ristrutturazione di agire secondo le regole dell'arte.

=> Costruzione o ristrutturazione con materiale scadente

Si legge nell'ordinanza che pur essendo emerso nel corso della causa che «la terrazza fosse originariamente difettosa, ha riconosciuto [la Corte d'appello n.d.A.] che ciò non attenuava la responsabilità della società, che non aveva eseguito gli interventi che la situazione avrebbe richiesto».

Come dire: se una cosa è difettosa bisogna fare di tutto per eliminare o quanto meno ridurre al minimo il rischio che il difetto si ripresenti.



Fonte https://www.condominioweb.com/ristrutturazione-edilizia-e-gravi-difetti-delledificio.15051#ixzz5PYqAxt8c
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