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21/09/2015

Cassazione n. 22596/10: l'interpretazione del regolamento condominiale è compito spettante al giudice chiamato a decidere della causa.


Il regolamento di condominio, sia esso di natura assembleare o negoziale, per trovare giusta applicazione deve essere correttamente interpretato. Quali sono i canoni cui fare riferimento per l’interpretazione del regolamento? La Cassazione è costante nell’affermare che, qualunque sia la natura dello statuto del condominio, " il Giudice deve osservare gli stessi canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 cod. civ. e segg., per la interpretazione degli atti negoziali, avendo questi validità generale" (Cass. 23 gennaio 2007 n. 1406).

Partendo da questo presupposto la Suprema Corte, con la sentenza n. 22596 resa lo scorso cinque novembre 2010, ha dato giustizia in un caso relativo proprio all’interpretazione del regolamento di condominio. In particolare tutto il giudizio di legittimità – relativo ad una sentenza emessa da una Corte d’Appello a seguito dell’annullamento di un proprio precedente è pronunciamento stabilito dalla Cassazione – ruota attorno alla corretta interpretazione d’una clausola d’un regolamento condominiale d’origine contrattuale.

In breve il fatto: Tizio condomino proprietario di alcune soffitte, al momento della loro ristrutturazione ingloba nelle stesse un corridoio che Caio, altro condomino, riteneva comune. Il giudizio relativo a tale controversia si concludeva con una pronuncia della Cassazione che annullando la sentenza della Corte d’appello statuiva la non condominialità di quel corridoio posto che lo stesso serviva solamente alcune unità immobiliari senza assumere alcuna utilità per la collettività condominiale. Nel giudizio di rinvio, quindi, Caio insisteva per vedere accolta la propria domanda di remissione in pristino specificando che le opere, comunque, erano state eseguite in violazione di un articolo del regolamento condominiale contrattuale che sottoponeva qualsiasi intervento modificativo dell’edificio all’ottenimento di una preventiva autorizzazione dell’amministratore. Secondo la Corte d’appello, chiamata a pronunciarsi a seguito dell’annullamento della sentenza, “ il citato permesso doveva […] essere rilasciato dall'amministratore e non dall'assemblea il che evidenziava che non si verteva in tema di diritti soggettivi all'esecuzione, ma solo di una norma procedimentale destinata a regolare l'armonico contemperamento delle facoltà di godimento dei condomini dello stabile; che inoltre l'amministratore, una volta informato al pari dell'assemblea, non aveva ritenuto di proporre alcuna reazione” (così Corte d’appello di Torino citata in Cass. 5 novembre 2010 n. 22596).

Da qui il giudizio di Cassazione teso a ottenere la constatazione dell’illegittimità dell’interpretazione del regolamento condominiale fornita dal giudice del gravame in relazione al carattere procedimentale e non sostanziale del permesso da richiedersi all’amministratore. La Corte regolatrice, tuttavia, ha respinto il ricorso proposto. In primis, affermano gli ermellini, “ va ribadito il principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità secondo cui l'interpretazione di un regolamento contrattuale di condominio da parte del giudice di merito è insindacabile in sede di legittimità, quando non riveli violazione dei canoni di ermeneutica oppure vizi logici per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della motivazione” (Cass. ult. cit.). In questo contesto, prosegue la Cassazione, “ il procedimento logico-giuridico sviluppato nell'impugnata decisione è ineccepibile, in quanto coerente e razionale, ed il giudizio di fatto in cui si è concretato il risultato dell'interpretazione della norma regolamentare in questione è fondato su un'indagine condotta nel rispetto dei comuni canoni di ermeneutica e sorretto da motivazione, adeguata ed immune dai vizi denunciati. Il giudice di secondo grado ha quindi svolto coerentemente il compito interpretativo affidatogli indicando minuziosamente le ragioni che gli hanno consentito di pervenire alle riportate conclusioni”( Cass. 5 novembre 2010 n. 22596).

In sintesi: in presenza di un’interpretazione del regolamento ineccepibile fornita dai giudici di merito il ricorso per Cassazione diventa superfluo.








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