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F.A.Q. Condominio, Domande e Risposte frequenti sull'Amministrazione Condominiale




Perché il nuovo proprietario risponde delle quote insolute del vecchio proprietario?
Il II comma dell'art.63 delle disposizione per l'attuazione del C.C prevede espressamente che "chi subentra nei diritti di un condomino (ad esempio nuovo proprietario) è obbligato in solido con quest'ultimo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente." L' amministratore quindi potrà agire in giudizio sia in danno del vecchio che del nuovo proprietario, essendo entrambi obbligati in solido, per il recupero degli oneri condominiali scaduti e non pagati. L'ultimo comma riconosce all'amministratore di condominio un ulteriore potere, nei confronti del condomino moroso, ossia quello di sospendere l'utilizzazione dei servizi comuni (acqua e riscaldamento) se il regolamento di condominio ne contiene l'autorizzazione.


Prendere visione della documentazione condominiale, entro quanto tempo è possibile? Un condomino ha diritto a prendere visione ed estrarre copia dei documenti giustificativi relativi ad anni precedenti e riguardanti rendiconti già approvati? Se sì, l'amministratore ha diritto ad una remunerazione per il tempo dedicato?
La questione del diritto a prendere visione della documentazione condominiale non è soggetta a limitazioni di tempo differenti da quelle relative all'obbligo dell'amministratore di conservare la suddetta documentazione. Vediamo il perché di questa risposta e di conseguenza se il mandatario della compagine ha diritto a chiedere un compenso per questa prestazione. In primis è bene operare una distinzione tra: a) registri condominiali di cui all'artt. 1130 nn 6 e 7 c.c.; b) documentazione giustificativa delle spese sulla quale si fonda il rendiconto. Ecco cosa succede se l'amministratore nega l'accesso alla documentazione condominiale Rispetto ai registri condominiali la legge è chiara e all'art. 1129, secondo comma, c.c. prevede che l'amministratore, all'atto dell'accettazione dell'incarico e ad ogni suo rinnovo, debba indicare ai condòmini “i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all'amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata”. È utile ricordare che tali registri sono: a) il registro di anagrafe condominiale; b) il registro di nomina e revoca dell'amministratore; c) il registro dei verbali (con allegato regolamento di condominio, ove esistente); d) il registro di contabilità. Rispetto a questi registri la legge non prevede alcuna limitazione temporale di conservazione, quindi se ne deve dedurre che gli stessi debbano essere sempre conservati, senza possibilità di disfarsene. Passiamo adesso alla documentazione giustificativa del rendiconto o comunque delle spese, cioè alle così dette pezze giustificative. Ai sensi dell'art. 1130-bis, primo comma, c.c.: “[…]. I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese. Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione”. Da non perdere=> L'amministratore che rifiuta di consegnare i documenti paga le spese del giudizio Diritto di prendere visione in ogni tempo: quindi nessuna limitazione rispetto a documenti inerenti rendicontazioni già approvate. Esempio: l'assemblea del condominio Alfa ha approvato nel 2014 la rendicontazione dell'anno di gestione 1/1/2013 – 31/12/2013. Tizio nel 2015 ha diritto di prendere visione ed estrarre copia delle così dette pezze giustificative di quell'anno. Così come degli anni precedenti. Unico limite temporale sono i dieci anni rispetto ai quali vige l'obbligo di conservazione della documentazione giustificativa. Questi dieci anni si contano dalla data di registrazione (nel registro di contabilità) e comunque al loro trascorrere non accede il divieto di chiedere copia, ma solamente la possibilità per l'amministratore di disfarsene. Come dire: se l'amministratore conserva documenti di 11 anni prima, il solo passaggio di 10 anni non lo esime dall'obbligo di darne visione (ed eventualmente copia) al condomino interessato. È bene ricordare, infatti, che le rendicontazioni possono essere sempre sottoposte a revisione, ad esempio ai sensi dello stesso art. 1130-bis c.c., e che comunque se un condòmino intravede in una deliberazione di approvazione del rendiconto una causa di nullità, egli ha sempre diritto ad impugnarla (art. 1421 c.c.). Passiamo, infine, alla questione compenso. La legge specifica che il condomino deve sempre pagare il costo delle copie richieste. Tale riferimento, ad avviso di chi scrive, dev'essere circoscritto ai costi vivi per l'estrazione della copia. Uno specifico compenso, invece, può essere richiesto solamente se comunicato al momento dell'accettazione dell'incarico o del suo rinnovo (art. 1129, quattordicesimo comma, c.c.). Fonte http://www.condominioweb.com/documentazione-condominiale-giustificativa-di-rendiconti-approvati-legittimo-chiedere-copie.12081#ixzz3mMT2JEiX www.condominioweb.com


Quali sono i Documenti necessari per costituire un condominio?
Il condominio, ad affermarlo è la giurisprudenza, sorge per solo fatto che l'originario unico proprietario (ad esempio il costruttore) cede la prima unità immobiliare ad un'altra persona. In questo momento, ricordano le sentenze, si crea quella relazione di accessorietà tra le parti comuni (scale, impianti, ecc.) e le unità immobiliari di proprietà esclusiva che è presupposto da solo sufficiente all'operatività delle norme di cui agli artt. 1117 e ss. c.c. (cfr. tra le tante Cass. 17 agosto 2011, n. 17332). D'altra parte, sono state le stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione, a stabilirlo (sent. n. 2046/06) le norme sul condominio negli edifici si applicano anche al così detto condominio minimo, ossia a quella compagine composta da due soli proprietari di unità immobiliari. => Il caso delle spese urgenti ex art. 1134 c.c. e la risposta delle Sezioni Unite della Cassazione. In buona sostanza il primo documento sulla base del quale possa dirsi costituito un condominio è il primo atto di compravendita stipulato tra l'originario unico proprietario dell'edificio e il suo primo avente causa. In esso possono essere contenute, diversamente dagli successivi atti, tutte le disposizioni concernenti la proprietà delle parti comuni dell'edificio. Chiaramente se tali disposizioni sono riportate in un regolamento condominiale contrattuale esso potrà essere allegato a tutti gli altri atti di compravendita: diversamente questi non potranno far altro che rimandare al primo atto o comunque inglobarne le disposizioni sulle parti comuni. Tale ultima soluzione (con generico rimando alle parti comuni previste dalla legge) è quella più utilizzata, ma non per forza l'unica soluzione possibile. Con il primo atto d'acquisto è possibile recarsi all'agenzia delle entrate per chiedere l'attribuzione del codice fiscale del condominio (adempimento obbligatorio per legge, cfr. d.p.r. n. 605/73). => Variazione del codice fiscale del condominio I successivi eventuali adempimenti, si pensi alla nomina dell'amministratore, alla eventuale redazione di regolamento (ove obbligatorio e non predisposto) e tabelle (ove non redatte) ecc. ecc. rappresentano elementi incidentali della gestione che nulla hanno a che vedere con la costituzione del condominio. Il primo verbale di assemblea, nel quale vengono spesso utilizzate formule sacramentali atte a mettere in evidenza la costituzione del condominio, non ha alcuna valenza giuridica rispetto alla nascita della compagine. L'unico documento fondamentale ai fini della costituzione del condominio è rappresentato dal primo atto di compravendita delle unità immobiliari.


Quando è (o non è) possibile la revisione del regolamento condominiale?
Nel condominio in cui vivo, una norma del regolamento specifica che l'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale debba essere inviato ai condòmini almeno sette giorni prima della data fissata per la prima convocazione. Siccome la maggior parte dei condòmini vive fuori città, allungare questo termine sarebbe utile per tutti: come fare? Nel condominio in cui sono proprietario di un'unità immobiliare, una norma del regolamento specifica che l'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale debba essere inviato ai condòmini almeno cinque giorni prima della data fissata per la prima convocazione, mi sa proprio come dice la legge. Da quando è entrata in vigore la riforma, tutti noi condòmini ci siamo dotati di casella di posta elettronica certificata e riceviamo in questo modo avvisi dell'amministratore a quell'indirizzo. Cinque giorni, quindi, ci sembrano esagerati, nei casi urgenti: possiamo ridurre il termine? Si tratta di due ipotesi nelle quali risulterebbe utile la variazione (tecnicamente revisione) del regolamento condominiale; eppure solamente nella primo caso portato ad esempio è possibile addivenirvi. Vediamo perché. Revisione del regolamento condominiale Partiamo dal potere d'iniziativa per la revisione del regolamento. Il secondo comma dell'art. 1138 c.c. specifica che: Ciascun condomino può prendere l'iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente. Questa iniziativa può consistere; a) nella semplice richiesta all'amministratore di convocazione dell'assemblea; b) nella richiesta di convocazione con contestuale proposizione della specifica modifica da apportare allo “statuto” vigente. A ben vedere oltre che d'iniziativa dei condòmini, il regolamento può essere variato anche su iniziativa dell'amministratore; a questo, infatti, spetta il potere/dovere di curare l'osservanza del regolamento e di fare in modo che a tutti i condòmini sia garantire la migliore fruizione dei servizi comuni. Per fare ciò nel migliore dei modi potrebbe essere utile modificare il regolamento, ad esempio prevedendo delle sanzioni o modificando una norma mal scritta, ecc. La distinzione delle clausole del regolamento contrattuale In ogni caso per la revisione del regolamento è necessario che si adotti la forma scritta (cfr. Cass. SS.UU. 30 dicembre 1999 n. 943) ed è indispensabile, come minimo, il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea ed almeno la metà del valore millesimale dell'edificio (cfr. art. 1138 c.c.). S'è detto in principio che dei due esempi riportati solamente nel primo caso si potrà modificare il termine intercorrente tra comunicazione dell'avviso di convocazione e prima data dell'assemblea. Il motivo va rintracciato nella diversa natura della modificazione. Nel primo caso, infatti, aumentare il tempo minimo previsto dalla legge (cinque giorni art. 66, terzo comma, disp. att. c.c.) è operazione considerata modificativa ma non derogatoria di una norma inderogabile ai sensi dell'art. 72 disp. att. c.c. Come dire: siccome la si migliora è possibile modificarla. Nella seconda ipotesi, invece, la diminuzione dei giorni liberi tra comunicazione dell'avviso e prima convocazione sarebbe considerato intervento derogatorio e ciò non sarebbe possibile per i motivi spiegati sul finire del precedente periodo. Fonte http://www.condominioweb.com/la-revisione-del-regolamento-di-condominio.11604#ixzz3mMXEHwAb www.condominioweb.com


Quando vengono applicate le Sanzioni?
L'assemblea di condominio può deliberare (all'unanimità) l' introduzione di sanzioni pecuniarie a carico di chi viola il Regolamento. L'importo della sanzione non può superare quanto previsto dalle Disposizioni di Attuazione del Codice Civile essendo l'art. 70 inderogabile (Art. 70. - Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo di cui l'amministratore dispone per le spese ordinarie). L'esecuzione è compito dell'Amministratore. L'Amministratore ha facoltà di irrogare sanzioni pecuniarie ai condòmini che non rispettano il Regolamento, senza previa delibera dell'assemblea (art. 1131), quando il Regolamento lo preveda espressamente (art. 70). Si tratta di una particolare forma di “risarcimento del danno” che scaturisce a seguito di un inadempimento di obblighi assunti nei riguardi di un determinato uso dei beni comuni. Tali sanzioni possono essere applicate solo nei confronti dei condomini. L'amministratore è obbligato a irrorarle, secondo un'interpretazione per la quale è tenuto (art. 1130) a "curare l’osservanza del regolamento del condominio al fine di tutelare l’interesse generale al decoro, alla tranquillità ed all’abitabilità dell’edificio" (Cassazione, sentenza n. 14735 del 26 giugno 2006), e soprattutto a "riscuotere i contributi […] per la manutenzione ordinaria delle parti comuni e per l'esercizio dei servizi comuni" (art. 1131, comma 3). La riscossione è quindi responsabilità dell'amministratore, il sollecito scritto o telefonico non è obbligatorio prima dell'ingiunzione di pagamento. Compete all'Amministratore la scelta di affidare a un avvocato il compito dell'ingiunzione dei pagamenti. In base all'art. 63, "Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore può ottenere decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione". Quindi, l'Amministratore può ottenere dal giudice, al pari dell'Avvocato incaricato dal condominio, decreti ingiuntivi di pagamento immediatamente esecutivi, nonostante opposizione. È sufficiente un piano di ripartizione delle spese approvato dall'Assemblea, sia preventivo che consuntivo: la presenza di un consuntivo di spese non è più condizione per l'ingiunzione di pagamento, né è richiesto il consenso dei condomini (Art.63 disp. Att. codice civile, R.D.318/1942, sentenze Cassazione 24299/08 e 6323/03). L'entità della sanzione può essere impugnata presso il giudice ordinario o di pace, che può ridurla anche d'ufficio (art. 1384, Cassazione Sentenza 18128/05 del 13/09/2005) se è manifestamente eccessiva o se il condomino ha parzialmente adempiuto alle sue obbligazioni e non è stata ridotta la sanzione a suo carico.



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